Mi sto interrogando sempre piu' spesso su quello che sara' il punto di arrivo di questo modello di comunicazione che sta "stressando" a mio avviso in modo eccessivo il cliente finale, di cui i Brands sono sempre piu' interessati a conoscere gusti, preferenze, budget, spostamenti, con l'obiettivo finale di avere una profilazione super accurata che dovrebbe trasformasi in un aumento delle vendite o della brand awareness sul pubblico di riferimento.
Alcuni anni fa, esattamente nel 2012, ho adattato il concetto di prosumer al modello della sharing economy, dando ai Brand l'opportunita, attraverso la piattaforma Gnammo.com, che avevo lanciato con due soci, di comunicare direttamete a tavola con i propri clienti.
Cioe' produttore e consumatore ( producer+consumer) che insieme costruiscono la Brand identity, cosi' rispondendo meglio alle necessita' del consumatore, perche' e' il consumatore ad esprimerle direttamete al Brand a tavola e a diventare per esso testimonial della bonta' del prodotto.
Mi sembrava la strada giusta per riportare equilibrio in un modello che stava vedendo spostare sempre piu' i budget della comunicazione verso l'online, tralsciando quello che a mio avviso era ed e' un elemento di valore nella comunicazione, cioe' l'offline e ancora di piu' il contatto diretto fra cliente e brand.
Io sono nato ai tempi del Carosello, quando la pubblicita' era una compagna amichevole e poco invasiva, alla frase " a nanna dopo il carosello" la generazione degli anni 70 spegnava il televisore e si immergeva nei sogni in compagnia di Actarus, Goldrake e il Quartetto Cetra.
Cosa e' cambiato in questi 40 anni e cosa potrebbe succedere dopo, in meglio e in peggio?
Siamo passati dalla perdita dell'identita' di classe, per ritrovarci immersi nell'identita' di cluster, dove ogni nostra azione, scelta, condivisione e' studiata per ritagliare meglio il nostro cluster di apparteneneza.
Quindi se da un lato l'identita' di classe e' sparita di fatto, dividendo la popolazione in chi puo' comprae beni e servizi e chi non puo' farlo, i cluster sono sempre piu' specifici e ci indicano in modo chirurgico i nostri target e anche nuovi possibili prodotti che potrebbero essere interessanti per nicchie sempre piu' specifiche.
Ma quindi c'e' un'altra strada percorribile?
Credo di si e parte dal coraggio delle aziende di sperimentare nuove strategie che mettano al centro la localizzazione della comunicazione, agendo in modo costruttivo sulla vita reale delle community che sono di riferimento per il Brand, community fisiche.
Il Brand deve restituire al territorio e costruire con il territorio, attingendo alle logiche positive che la sharing economy ha introdotto ma non sempre rispettato, trasformando azioni pratiche in momenti di comunicazione.
Costruire crescita, fiducia, cambiamento e felicita' che sembrerebbero attivita' piu adatte ad un governo politico, ma a mio avviso possono essere le chiavi giuste per veicolare un nuovo modello di comunicazione che aiuti le persone ad uscire dalle bolle e riconetterle nel mondo reale, i Brand che incominceranno a percorre questa strada con onesta' intellettuale e coerenza, saranno in grado di portare un cambiamento e un impatto positivo sulla loro reputazione e anche sulle loro vendite, perche' sempre di fatturato si vive, per ora...ma questa e' un'altra storia.
Vocabolario
Un po'di vocabolario tecnico per i neofiti e curiosi, partiamo dal neologismo che da il titolo al post, "Filter Bubble" introdotto da Eli Pariser nel suo libro The Filter Bubble PDF.
"La filter bubble è quell’insieme di tecniche utilizzate dalle aziende online e dal sistema pubblicitario (sempre online) per riuscire a riproporti “il meglio” legato “ai tuoi gusti” o “ai tuoi comportamenti”.
Sempre più spesso infatti i siti moderni registrano la storia dei tuoi comportamenti: cosa fai, come ti muovi, cosa acquisti e cosa desideri. Poi utilizzano queste informazioni per scegliere selettivamente la risposta migliore tra tutte quelle possibili."
Link>>> Articolo
Ben, ora immaginiamo la canzone di Cecchetto Gioca jouer, con questi termini :)
Targettizzo
Segmento
Profilo
Retargetizzo
Clusterizzo
Big datizzo :)
Singlechannel
Multichannel
Crosschannel
Omnichannel
Il prossimo neologismo conialo tu
Bene come al solito, vi ho scaricato addosso un po' di riflessioni, alcuni dati e cose interessanti da leggere, arriviamo alla conclusione.
Il vero valore sono le persone, renderle libere di secgliere credo che sia la scelta migliore possibile, ma dargli gli strumenti per scegliere liberamente e' la cosa piu' complicata da fare e non ho una risposta definitiva a questo quesito.
Quello che auspico e' che si esca lentamente fuori dalla logica dei KPI ( key performance indicator) intesi in stretto senso numerico e si trovi qualcosa di piu' simile a un KHI ( Key Umanity Indicator) per riconoscere il valore di una comunicazione.
Mi piacerebbe vedere sempre piu' agenzie di comunicazione coltivare pensatori divergenti e non trasformarsi in nuove fabbriche digitali, ossessionate dai numeri e dalle performance, perche' questo rende tutto piu' arido a partire dalla comunicazione.
Cos'e' il Pensiero divergente
"Il pensiero divergente, cerca di stimolare delle nuove prospettive, di superare gli schemi di ragionamento ordinari e di spingere la mente in direzioni inesplorate. Questo consente di generare una varietà di ipotesi e di soluzioni che prima non esistevano. Lo applichiamo quando dobbiamo risolvere un problema o quando ci troviamo davanti ad un imprevisto."
Joy Paul Guilford, psicologo Fattorialista statunitense
Chiudiamo e se avete letto fino ad ora, guardate l'estratto di questa intervista a Chamath Palihapitiya, ex vicepresidente Facebook, quello che aveva le mani in pasta forse anche piu' di Zuckerberg, ascoltate uno che l'argomento lo conosce molto bene e fatevi la vostra idea.
Link >>>> Intervista
E se la prossima campagna di comunicazione di un grande Brand fosse fuori da una bolla e permettesse alle persone di costruire qualcosa di vero e duraturo insieme, sarebbe bellissimo e credetemi, funzionerebbe maledettamente bene.
Gian Luca
Comments